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Scoprendo il Museo Archeologico Nazionale di Adria...PRIMA PARTE

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Messaggio  Admin Ven Gen 29, 2010 9:54 pm

Le iscrizioni esposte nel lapidario romano, situato nel cortile interno del museo, risalgono ad un periodo che va dal I secolo a.C. al I secolo d.C., queste appartengono ad una fase cronologica ritenuta dagli studiosi il momento di maggior floridezza sociale ed economica del municipio.
Le iscrizioni sono di forme semplici con contenuti essenziali, senza riferimenti a carriere politiche o militari.
Nel mondo antico le iscrizioni erano esposte al pubblico e contribuivano all’alfabetizzazione e alla romanizzazione delle popolazioni, esse inoltre riportano a distanza di millenni informazioni che riguardano gli abitanti della città, fornendo preziose notizie relative alla vita delgi antichi con particolari sulle loro origini, sui loro legami e rapporti sociali. Le iscrizioni oggi esposte nel museo archeologico riguardano in prevalenza l’ambito funerario privato, mentre, per quanto riguarda le iscrizioni di carattere pubblico, ad eccezione di un caso, non sono rimaste testimonianze.
Le stele chiamate anche segnacoli per la loro funzione di segnare le sepolture, servivano inoltre per dichiarare il nome del defunto proprietario del sepolcro. Esse venivano sistemate nelle necropoli, che solitamente si trovavano lungo le strade e all’esterno delle città, anche per lo scopo di ricordare pubblicamente la memoria dei defunti.
Le forme delle stele ad Adria sono modeste, rettangolari o con terminazione semicircolare, una forma più particolare invece è quella a disco, composta da una lastra rettangolare con un disco intagliato nella parte superiore della stessa pietra. In Italia settentrionale gli unici esempi di questa tipologia a disco sono presenti ad Adria e sono ritenuti i monumenti funerari romani più antichi. Esempi simili sono stati ritrovati in Campania nelle necropoli di Pompei, Sorrento e Capua. Esse riproducono in forma stilizzata la figura umana anche se quelle adriesi, sono prive di riferimenti che possano richiamare elementi della figura umana.
Per questo tipo di stele a disco gli studiosi hanno ipotizzato l’influenza di tradizioni etrusche.
Certe iscrizioni forniscono delle indicazioni che riguardano il municipium di Atria, costituito tra il 49 e il 42 a.C. Un monumento funebre ricorda Hylas, uno degli schiavi posseduti dal municipio. In un’ iscrizione viene citato l’ordo decurionum, il consiglio comunale, i cui membri venivano eletti ogni 5 anni, questi erano figure di spicco della città oppure ex magistrati. La scelta di essi spettava ai magistrati supremi della città chiamati quattuorviri quinquennales menzionati in una dedica al dio Nettuno. I quattuorviri iure dicundo rappresentavano l’autorità più importante della città ed esercitavano sia funzioni civili che penali.
La fase di decadenza in cui entrò il municipio tra il II e il III secolo d.C., è testimoniata da un’iscrizione che riporta la nomina imperiale di un commissario speciale chiamato curator rei publicae Atrianorum, egli aveva l’incarico di vigilare la situazione finanziaria locale, allora in seria difficoltà.
Alcune iscrizioni riguardano anche i collegia, con la parola collegium i Romani intendevano le associazioni di persone che potevano avere delle funzioni, delle professioni e dei culti comuni. I collegia potevano essere pubblici o privati ed avevano un ruolo sociale rilevante nella vita della città. Un‘iscrizione oggi murata nel campanile della basilica Santa Maria Assunta della Tomba si riferisce ad un collegium navicularum o nautarum del municipio di Atria, a cui un cittadino, richiedeva dopo aver fatto una donazione di 400 sesterzi, di celebrare la memoria del padre portando sulla sua tomba rose e offerte alimentari. Il collegium nominato nell’iscrizione era una corporazione di armatori legata la porto di Atria. Un’iscrizione esposta nel lapidario, nomina un seviro, un membro di un collegio costituito da liberti di buon tenore sociale, i seviri di nascita servile non potevano accedere alle cariche cittadine di maggiore importanza e formavano un ordine.
Un ‘iscrizione ricorda il Genius Socialis, protettore di un collegio e forse della comunità dei cittadini di Adria antica.
Il culto religioso nella antica Atria è testimoniato da una dedica dei quattuorviri iure dicundo al dio Nettuno, questa iscrizione attesta che Atria rivestiva un ruolo importante di centro commerciale proteso verso il mare. Di interesse risulta l’iscrizione votiva a Cerere, Libero Padre ed Ercole datata fra il II e il III secolo d.C., oggi conservata a Verona dedicata da uno schiavo pubblico di una associazione servile.
In varie iscrizioni adriesi si nota l’assenza del cognome, questo particolare le data ad una fase precedente il 70 d.C., è solo dopo tale data, che il cognome divenne d’uso comune.
Una sezione del lapidario espone iscrizioni che riguardano l’onomastica, queste in particolare riguardano gli uomini e delle donne di condizione libera, i bambini,i liberti, e forniscono su indicazioni d’età e rapporti famigliari.
Dai monumenti funerari emerge una presenza femminile consistente. Sono abbastanza numerose le iscrizioni in cui le donne sono menzionate da sole e non come madri, figlie o sorelle. Sono vari i casi in cui le donne avevano commissionato il monumento funebre per sé o per i loro parenti. Queste particolarità non sono comuni nelle iscrizioni romane; gli studiosi hanno ipotizzato che questo fenomeno derivasse dai costumi locali tradizionali di tipo etrusco. Nel mondo etrusco infatti le donne avevano una discreta autonomia e la possibilità di disporre di somme di denaro derivate da proprie attività economiche. Le donne nel mondo romano godevano di un ruolo di maggior prestigio rispetto a quelle della Grecia, non solo erano custodi del focolare ma erano responsabili della trasmissione dei valori alle future generazioni. Esse erano comunque sottomesse all’autorità maschile, sia del pater familias o del marito. In mancanza di familiari prossimi, interveniva un tutore che amministrava ufficialmente i beni della donna.
Il numero delle iscrizioni funerarie che comprendono l’indicazione dell’età dei defunti al momento della loro morte è ridotto, per questo non è possibile rilevare il tasso di mortalità in rapporto alle fasce d’età dei personaggi nominati.
Nelle iscrizioni si ricordava l’età di solito se questa era particolarmente avanzata al momento della morte, e nel caso di decesso prematuro si decideva di innalzare un monumento al bambino.
Ad Adria non è frequente trovare all’interno delle necropoli di età romana dei monumenti funebri dedicati a bambini e più raramente quelli dedicati a neonati.
Di solito infatti i bambini erano considerati di importanza marginale e venivano sepolti in una buca, privi di segni esteriori. Nonostante ciò molte iscrizioni funebri di età romana che si riferiscono a bambini riportano parole di amore e dolore, in contrasto con la pratica dell’esposizione dei neonati alla quale essi potevano venire sottoposti.
Per quanto riguarda i rapporti famigliari nei monumenti funerari di Adria di solito viene riportato generalmente il nome di una sola persona, quella destinata al sepolcro. A volte però sono nominati congiunti che commissionavano il monumento per i loro cari. Sono rare invece le iscrizioni relative a vere tombe di famiglia.
I dati epigrafici aiutano a conoscere la configurazione sociale della città di Atria in epoca romana. Dall’analisi delle titolature onomastiche, si rileva che numerose erano le persone libere, mentre risulta inferiore il numero dei liberti dichiarati. Alcuni personaggi sono di origine non espressa.
Gli studiosi suppongono che nell’età più florida di Atria la maggior parte dei cittadini godesse di discrete condizioni economiche derivanti da attività artigianali e mercantili.
Gli schiavi ricoprivano l’ultimo gradino della scala sociale ed avevano un solo nome che spesso indicava il loro luogo d’origine, negli esempi di Adria la provenienza degli schiavi è individuabile nella parte orientale dell’Impero dove si usava più la lingua greca che il latino.

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