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Liberazione del 25 Aprile ad Adria.

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Messaggio  Admin Lun Apr 19, 2010 4:10 pm

Liberazione del 25 Aprile ad Adria. Progra10

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Commento di Aldo Rondina

25 APRILE 2010
IL DURO CAMMINO VERSO LA DEMOCRAZIA
(Intervento di Aldo Rondina)

Oggi siamo qui a celebrare la Pace. 65 anni di Pace e di Democrazia.
Questa Pace non è stata raggiunta facilmente. E' costata sacrifici enormi in termini di vite umane e di soprusi di ogni genere patiti dai sopravvissuti.
Il lungo cammino che ha portato alla Pace si chiama, con una parola di grande significato, Resistenza. Il giorno in cui fu raggiunta la Pace, diverso per ogni luogo liberato ma convenzionalmente stabilito per tutta la Nazione al 25 Aprile, è il giorno della Liberazione.
Quale significato ha oggi questo giorno?
Cosa significa Liberazione? E Liberazione da chi?
Che significato ha il sostantivo Resistenza?
Date fondamentali:
10 giugno 1940 : L'Italia schierata con i nazisti dichiara guerra agli Alleati.
10 luglio 1943 : Gli Alleati sbarcano in Sicilia.
25 luglio 1943 : Di fronte all'Italia in ginocchio per la guerra, il fascismo mette Mussolini in minoranza nel suo parlamento (il Gran Consiglio). Il re lo fa arrestare e nomina in sua vece il maresciallo Pietro Badoglio.
8 settembre 1943 : Radio Londra annuncia che il Governo presieduto da Badoglio, ha siglato l'Armistizio con gli Alleati. Il re preferisce mettersi in salvo col suo Governo a Brindisi, zona già controllata dalle forze Alleate.

Sbandamento generale
Alle truppe in armi (oltre 1 milione di uomini) non viene lasciato nessun ordine, nessuna disposizione. I Tedeschi li considerano nemici (erano circa 400.000 le forze tedesche presenti in Italia, ma vennero subito integrate da altre otto divisioni provenienti dal Brennero). Sbandati com'erano gli Italiani divennero facile preda dei nazisti in Italia e all'Estero: Albania, Isole Egee, Grecia, Montenegro, Istria, Dalmazia, ecc.. Molti furono catturati e internati nei lagher (Duesserldof, Dachau, ecc. e nei campi di lavoro delle zone industriali di Essen, della Rhur, ecc.: 3997 campi in Germania; 2091 in Polonia, regione Pomerania, ecc.), altri passati direttamente per le armi o uccisi durante gli intensi bombardamenti eseguiti sui campi. Alcuni rientrarono in Italia ma furono costretti a darsi alla macchia, cioè a rifugiarsi nelle montagne per sfuggire alla cattura da parte dei nazifascisti. Essi costituirono i primi nuclei di Resistenza armata al regìme.
Nel frattempo Mussolini, liberato (12 settembre 1943) al Gran Sasso dagli uomini di Hitler guidati dal capitano Otto Skorzeny, fu messo a capo di un "governo fantoccio" voluto dai nazisti che operava e risiedeva a Salò, sul lago di Garda (15-17 settembre). Il nuovo stato a forma repubblicana (essendo la monarchia considerata come un nemico acerrimo) venne denominato Repubblica Sociale Italiana (RSI) in quanto si ispirava a quel fascismo socialista repubblicano sempre condiviso da Mussolini (che ha dovuto fare il monarchico per convenienza). In pratica l'Italia fu tagliata in due: la Repubblica in mano ai nazisti al Nord e lo stato monarchico protetto dagli Alleati al Sud.
Gli Italiani quindi, alcuni per scelta ma molti per necessità, si trovarono schierati nelle due parti. Fratello contro fratello. Da qui presero avvio quelle pagine di storia meglio conosciute come "La Resistenza": l'opposizione alle ideologìe del fascismo e del nazismo (strettamente connesse) avvezze a governare con l'esercizio della forza e della violenza. Poiché molti giovani erano renitenti alla leva, Rodolfo Graziani, capo delle forze armate della RSI, nel gennaio 1944 emise una disposizione ("bando Graziani") scadente il 28 febbraio successivo, secondo la quale se i renitenti non si fossero presentati alle rispettive caserme sarebbero stati considerati disertori e quindi passibili di fucilazione. Ai prigionieri italiani rinchiusi nei lagher invece, veniva offerta la libertà previa adesione all'esercito repubblichino, ma assai poche furono queste adesioni. Molti renitenti si rifugiarono in montagna. Altri preferirono combattere la loro guerra personale contro la dittatura. Sorsero così forme di "avventurismo politico" che, opportunamente propagandate dal regìme, misero in cattiva luce gli scopi e le finalità del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), organizzazione operante nella clandestinità.
Il fascismo repubblichino represse duramente queste forme di lotta. Sguinzagliò la milizia più spietata, fatta di galeotti usciti dalle patrie galere in cambio dell'arruolamento. Si chiamava O.P. (ordine pubblico). Per tutto il 1944, uomini spietati, senza scrupoli condussero una tremenda "caccia all'uomo" da cui scaturirono episodi di guerra civile inenarrabili, inimmaginabili in una nazione come l'Italia.

La Resistenza in Polesine
In Polesine, la Resistenza nacque all'indomani dell'8 settembre 1943. I primi nuclei sorsero nei contatti tra i politici dissidenti del regìme fascista. Tra questi: Lino Rizzieri, Mario Ambrosi, Edoardo Chendi, Romolo Saggioro, Umberto Merlin, Luigi Puxeddu (procuratore del re), Aurelio Ballotta (avvocato, socialista, che fu sindaco di Adria prima del fascismo, deportato e morto a Dachau). Tutti appartenevano alle principali formazioni politiche democratiche clandestine: dal Partito d'Azione, al PCI, al mondo cattolico, socialista e liberale. Formalmente il CLN di Rovigo venne costituito nell'ottobre 1943, con due importanti agenzie nell'alto e nel basso Polesine. Nella sezione bassopolesana operarono figure di spicco come Cesare Zen e Riccardo Malfatti di Adria e Anselmo Girotti di Taglio di Po. Il primo torturato dai fascisti si salvò per un cavillo giuridico dalla fucilazione, il secondo (appena uscito di carcere il giorno della Liberazione) venne ucciso da un gruppo di nazisti in fuga con altri due compagni, il terzo morì d'inedia nel lagher di Dachau.
Il CLN polesano era in contatto con quello regionale guidato dal prof. Egidio Meneghetti, Preside della facoltà di Farmacologia presso l'Università di Padova.
I Comitati locali CLN erano pronti ad agire per sostenere soprattutto l'onere del passaggio dalla dittatura alla democrazia quando fossero giunti gli Alleati.
L'offensiva per la liberazione dell'Italia del Nord era prevista a giugno 1944.
Roma venne liberata dal generale Alexander il 4 giugno 1944. In quella occasione il generale dichiarò che gli Alleati avrebbero raggiunto la valle Padana entro il mese di agosto. INVECE i Comandi Alleati decisero diversamente: il 6 giugno 1944 vi fu lo sbarco in Normandia, il famoso D. DAY (Decision Day) e molte divisioni Alleate operanti in Italia, vennero trasferite in Normandia. Per gli Alleati, da quel momento, l'Italia divenne un fronte secondario. In seguito a ciò il maresciallo Alexander, capo delle forze Alleate in Italia, tra la delusione di tutti gli uomini della Resistenza, diede l'ordine perentorio di sospendere ogni forma di lotta in attesa di tempi migliori . Appartengono a questo periodo le azioni repressive più terribili perpetrate dal nazifascismo contro le formazioni partigiane aderenti al CLN.
Come non ricordare l'episodio più tragico avvenuto in Polesine il 15 ottobre 1944, l'"eccidio di Villamarzana", con 43 martiri presi tra i civili (nei rastrellamenti del 12 e 13 ottobre) per vendicare 4 repubblichini che si erano infiltrati tra i partigiani, scoperti e uccisi dai partigiani stessi. Tra i 43 civili c'era anche un ragazzo non ancora quindicenne. La loro esecuzione (1 a 10) venne attuata applicando a quei poveretti, quanto previsto da una legge di guerra tedesca. Furono fucilati a gruppi contro il muro della casetta del barbiere del paese, sotto la scritta : 1° Esempio. Seguirono altri rastrellamenti e altri morti. Secondo stime attendibili (G. Brunelli) in Polesine furono attivi circa 2000 partigiani, suddivisi in gruppi e brigate. Molti erano contadini e braccianti. 150 furono i caduti per fucilazione, impiccagione, tortura e scontri a fuoco. (30 zona di Adria, 23 Castelguglielmo, 11 Badia, 8 Contarina, 7 Stienta, 1 Taglio di Po).

Il senso vero della Resistenza
In Italia 45.000 furono i morti per la Resistenza, oltre 20.000 i feriti per la stessa causa.
Oggi, in cui si può parlare con maggiore distacco dalle polemiche scatenate nel primo dopoguerra (ricordiamo l'intervista di Renzo De Felice riportata nel volumetto "Rosso e Nero" , in cui da storico rigoroso asseriva che certe cifre riguardanti la Resistenza date per autentiche, erano in realtà gonfiate), siamo tutti consapevoli che sul piano numerico le formazioni partigiane non furono molte. Tutti siamo consapevoli anche che, sia pure in dimensioni diverse, gli aderenti alla Resistenza non erano tutti di una sola parte, ma c'erano anche azionisti, liberali e cattolici, che sono poco nominati. Questo ad onore della verità storica. Fare il partigiano era assai rischioso. Il partigiano comunque poteva contare su una fitta rete di solidarietà che trovava i suoi cardini principali nella società civile, nelle famiglie, nelle donne, in parte del clero, soprattutto tra i parroci di campagna.
A detta dei comandanti Alleati, il contributo dei partigiani alla vittoria in Italia è stato assai prezioso ed ha superato ogni più rosea aspettativa.
Cadute le ideologìe che per troppo tempo hanno tenuto alti gli steccati, oggi ci si può avvicinare alla storia con maggiore obbiettività e rispetto verso gli avvenimenti che hanno sconvolto la Nazione. Questo innanzitutto ci spinge a guardare con deferenza ai drammi personali di ciascuno, ai morti di entrambe le parti in cui si è trovata divisa l'Italia. A ciascuno va resa giustizia nella convinzione che l'esito finale della Liberazione è stato positivo per tutti, chi ha vinto e chi ha perso, senza dimenticare però che chi ha vinto era dalla parte giusta, chi ha perso si trovava nella parte sbagliata. Con questi sentimenti noi oggi ci inchiniamo davanti agli uomini della Resistenza e ne onoriamo la memoria.

Liberazione di Adria
Dato che abbiamo qui gli studenti, vorrei finire spiegando loro com'è avvenuta la Liberazione di Adria.
Dopo la liberazione di Roma (4 giugno 1944) gli eserciti rimasero fermi per alcuni mesi sulla "linea Gotica" tracciata dai Tedeschi, da Marina di Carrara a Pesaro (320 chilometri). Forze in campo: a Sud, 900.000 militari Alleati al comando dei generali Alexander e Clark (inglesi, statunitensi, canadesi, brasiliani, francesi, irlandesi, indiani, polacchi, neozelandesi, sudafricani, greci, italiani del CIL e formazioni partigiane della Toscana, Marche e Emilia-Romagna); a Nord 250.000 Tedeschi e unità RSI al comando del feldmaresciallo Kesserling. Tra le due parti si contarono 200.000 morti, dispersi e feriti. La Linea Gotica venne sfondata dalle forze Alleate nell'agosto 1944. Gli Alleati conquistarono Rimini e Ravenna e si attestarono sul fiume Reno, dove rimasero per tutto l'inverno.
Il Polesine, considerato area strategica di fuga per i Tedeschi, venne colpito dalle bombe Alleate a partire dal 10 luglio 1944 (Rovigo). Dal 14 luglio vennero presi di mira i ponti sul Po, a partire da quello che collegava Taglio di Po a Contarina (ore 10) e poi su fino a Sermide e Mantova. Poi fu la volta dei ponti sull'Adige, a partire dal ponte ferroviario di Cavarzere (28 luglio, 4 e 31 agosto 1944). Ai primi di aprile 1945 gli Alleati decisero di sferrare l'attacco finale spingendo contro il Po gli eserciti tedesco e repubblichino. Dalla parte Est (fino al mare) era schierata l'VIII^ Armata britannica, verso l'interno la V^ Armata USA. Al contingente italiano "Cremona" venne assegnata l'asse Codigoro-Adria-Cavarzere mentre l'asse costiera segnata dall'attuale tracciato della "Romea" veniva affidata alle formazioni partigiane guidate dal maggiore Boldrini (Bulow). La liberazione di Adria avvenne il 26 aprile 1945. Sarebbe bello soffermarsi sulle manifestazioni di giubilo che accolsero il glorioso "Cremona". Il contingente passò tra due ali di folla festante proseguendo verso Cavarzere, dove ancora la guerra non era finita. In quel giorno di festa vi furono ancora morti e feriti, ma la guerra ormai era conclusa. Gli ultimi focolai vennero spenti proprio a Cavarzere, città martire che contò tra i suoi 26.000 abitanti: 250 morti, circa 500 feriti, oltre 10.000 persone rimaste senza tetto.
Quale può essere dunque il messaggio che deriva da questa celebrazione?
"La libertà di cui godiamo oggi non è ovvia: è il frutto del sacrificio degli uomini che si sono opposti alle ideologie sbagliate e che si sono sacrificati per restituirci la Libertà" (così si espresse l'arcivescovo emerito di Milano Carlo Maria Martini).
"E' con la forza della ragione, non con quella delle armi, che la giustizia si fa strada.. nulla è perduto con la pace.. tutto può esserlo con la guerra.." (Pio XII, dal radiomessaggio del 24 agosto 1939).

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