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L’Ostello Amolara incontra il diamante grigio del Po

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Messaggio  Admin Lun Mar 08, 2010 8:48 pm

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L’ostello Amolara incontra il diamante grigio del Po
di Paolo Rigoni

Quando si sente parlare di tartufi, “questi sono i nostri diamanti”, come ricorda Vittoria Barbieri erede della rinomatissima osteria La Tona di Papozze il pensiero corre subito alle Langhe e al Monferrato per il tartufo d’Alba, alle Marche per il tartufo d’Acqualagna o di Sant’Angelo in Vado. In realtà abbiamo da Oreste Mattirolo, professore universitario a Torino e luminare della botanica micologica, una testimonianza curiosa ai primi del ‘900 nel “Contributo alla micologia ipogea della Venezia subalpina“, in cui si può leggere riguardo al prodotto polesano: “come io stesso ho constatato, molti di tali tartufi vengono esportati nei mercati di Moncalvo e di Alba e quivi acquistano prezzi ai quali mai avrebbero potuto aspirare ove la loro origine fosse stata palese.” Questo commercio silenzioso e sconosciuto è ricordato anche da Cesare Maestri, figlio del famoso Paolino, che vedeva arrivare dal padre i commercianti piemontesi per acquistare i tartufi delle golene.

Già da qui si può capire perché le Amministrazioni di Adria e Papozze, insieme all’Associazione Ricchezze del Po, comunità del cibo di Terra Madre e all’Ascom, abbiano organizzato quest’appuntamento presso la suggestiva cornice dell’Ostello Amolara per la conoscenza, la valorizzazione e la degustazione di questo rinomato prodotto, .

“Insieme al tartufo, c’è un brandello di storia da recuperare, ci dice il presidente di Ricchezze del Po, Alessandro Rigoni, la storia della cultura dell’acqua, dei fiumi e dei canali, anche questi autentiche ricchezze anche se il rapporto è stato ambivalente per il pericolo delle alluvioni. Però i fiumi erano vissuti, nei fiumi il pesce era abbondante, c’erano i mulini, gli animali acquatici e naturalmente nei boschi di sponda il tartufo, alla cui raccolta molti si dedicavano. Oltre al citato Paolino Maestri che mancò proprio mentre era alla cerca di tartufi, a Papozze esisteva proprio una sorta di scuola che tramandava segretamente le proprie tecniche. Mi viene in mente un signore, morto recentemente che si è fatto porre sulla tomba una foto mentre ostenta un tartufo gigantesco. Anche il defunto mons. Ugo Battizocco, penitenziere vescovile, era un abilissimo cercatore. Quando da Papozze venne trasferito alla cattedrale adriese, dovette abbandonare il suo abilissimo cagnolino ed affidarlo ad un parrocchiano conoscente”.


L’Ostello Amolara incontra il diamante grigio del Po Mons_b10

Nella foto Mons. Ugo Battizocco

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