Corcrevà - Inaugurato il nuovo bar nella terra natale di Marino Marin
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Corcrevà - Inaugurato il nuovo bar nella terra natale di Marino Marin
Isolella e Corcrevà le due frazioni di Bellombra al tempo del comune.
Ma è storia remota. Se Isolella, Luslèla, era la piccola Russia per l’orientamento di voto dei suoi abitanti, Corcrevà, Corcroà, era una libera repubblica un po’ anarchica, autosufficiente e bastante a se stessa, stretta attorno alla corte dei Gagliardo ove lavoravano praticamente tutti. Il toponimo è sufficientemente antico, Corium Crepatum, dai cuori che essiccavano al sole. E crepavano. A metà del 1300, risulta avere una parvenza di autonomia come comunità rustica perché si nominano le “Porte Corcrevadi” che stavano indicare un luogo chiuso anche se le porte potevano essere più che altro un concetto giuridico. Comunque si entrava e si usciva per passaggi obbligati. Se Isolella dopo la chiusura della celebre osteria “Tappeto” è praticamente scomparsa, Corcrevà ha recuperato una sua fisionomia. Il negozio della borgata che sembrava esser sul punto di esser spazzato via dalla grande distribuzione ha ripreso vigore grazie all’inventiva dei gestori; il bar è diventato troppo piccolo per accogliere molti giovani che concorrono anche da fuori per il rito dello spritz. E alla ricevitoria si possono pagare le bollette, giocare al lotto, al totip. Ultimo arrivo quello dei giornali, annunciato e rimandato da giorni, tanto che si erano accese le scommesse su chi fosse riuscito ad essere il primo acquirente de Il Gazzettino. Scontata alla fine vittoria di Lino Rossato, affezionato lettore, che si preparava da giorni davanti alla edicola molto tempo prima dell’arrivo del corriere, già alle prime luci del mattino. All’inaugurazione ufficiale qualcuno ha fatto balenare l’idea di riprendere la festa annuale di cui si ricorda il sanguinolento tiro del collo all’oca, qualcun altro, complice l’euforia dei brindisi, ipotizzava una Repubblica simile a quella di Bosgattia con tanto di lasciapassare. “Ma se è una libera repubblica, ha tagliato corto Natalino, deve essere aperta a tutti senza discriminazione se si vogliamo tener fede alla nostra storia”.
Ma è storia remota. Se Isolella, Luslèla, era la piccola Russia per l’orientamento di voto dei suoi abitanti, Corcrevà, Corcroà, era una libera repubblica un po’ anarchica, autosufficiente e bastante a se stessa, stretta attorno alla corte dei Gagliardo ove lavoravano praticamente tutti. Il toponimo è sufficientemente antico, Corium Crepatum, dai cuori che essiccavano al sole. E crepavano. A metà del 1300, risulta avere una parvenza di autonomia come comunità rustica perché si nominano le “Porte Corcrevadi” che stavano indicare un luogo chiuso anche se le porte potevano essere più che altro un concetto giuridico. Comunque si entrava e si usciva per passaggi obbligati. Se Isolella dopo la chiusura della celebre osteria “Tappeto” è praticamente scomparsa, Corcrevà ha recuperato una sua fisionomia. Il negozio della borgata che sembrava esser sul punto di esser spazzato via dalla grande distribuzione ha ripreso vigore grazie all’inventiva dei gestori; il bar è diventato troppo piccolo per accogliere molti giovani che concorrono anche da fuori per il rito dello spritz. E alla ricevitoria si possono pagare le bollette, giocare al lotto, al totip. Ultimo arrivo quello dei giornali, annunciato e rimandato da giorni, tanto che si erano accese le scommesse su chi fosse riuscito ad essere il primo acquirente de Il Gazzettino. Scontata alla fine vittoria di Lino Rossato, affezionato lettore, che si preparava da giorni davanti alla edicola molto tempo prima dell’arrivo del corriere, già alle prime luci del mattino. All’inaugurazione ufficiale qualcuno ha fatto balenare l’idea di riprendere la festa annuale di cui si ricorda il sanguinolento tiro del collo all’oca, qualcun altro, complice l’euforia dei brindisi, ipotizzava una Repubblica simile a quella di Bosgattia con tanto di lasciapassare. “Ma se è una libera repubblica, ha tagliato corto Natalino, deve essere aperta a tutti senza discriminazione se si vogliamo tener fede alla nostra storia”.
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